Una raccolta di saggi per raccontare un artista complesso e multiforme. Creativo senza etichette, simbolo delle avanguardie sovietiche sullo sfondo della Russia pre-rivoluzionaria.
In varie città italiane è stato presentato il libro "Vladimir Majakovskij. Visione ed eversione di un'opera totale" (Liguori Editore), a cura di Alfonso Amendola, docente di Sociologia degli audiovisivi sperimentali dell’Università degli Studi di Salerno, e Annamaria Sapienza, che insegna Storia del teatro e dello spettacolo all’ateneo salernitano.
Un volume collettivo su un artista che, tra condanne e riabilitazioni, è ancora attuale. Il professor Amendola spiega la genesi del libro (scritto da più autori), il controverso rapporto tra Majakovskij e Marinetti, futuristi agli antipodi. Con alcuni tratti in comune.
La copertina del libro
Come nasce l’idea del libro?Sono uno studioso delle avanguardie. Soprattutto, di come le avanguardie siano trattate dalle arti contemporanee. E Majakovskij di sicuro è uno degli artisti più attuali, nonostante sia stato un protagonista del primo Novecento. Perché visionario, inattuale al tempo. Il progetto prevede questo percorso con studiosi che analizzano la produzione minore del poeta russo. E c’è anche un laboratorio su Majakovskij con attori napoletani che portano in scena le sue opere.

Il cantante della rock band italiana Il Teatro degli Orrori, Pierpaolo Capovilla, ha realizzato un reading/concerto in due atti, “Eresia Socialista/ Eresia dell’amore” dedicato a Majakovskij. Perché il poeta russo è ancora così attuale?Per la sua vitalità. Per il suo essere giovane oltre il possibile, senza fronzoli. Entusiasmo, forza, voglia estrema di vivere. Nonostante il suicidio a soli 37 anni. Anche nel periodo finale della sua vita, messo in un angolo dallo stalinismo. In tasca, quando fu trovato morto, c’era un bigliettino con la frase: “Senza pettegolezzi, siate felici”. Ecco l’ultima parola con cui ha salutato il mondo è felicità.  
Majakovskij e il futurismo italiano, un rapporto controverso con Filippo Marinetti. Qual era il motivo di questa distanza?Una distanza che è maturata con il tempo. In realtà Marinetti si recò a Mosca per capire, respirare l’atmosfera del futurismo sovietico. I due movimenti erano però diversi. Quello italiano inneggiava alla rivoluzione tecnologica, esaltava la fiducia illimitata nel progresso, decretando inesorabilmente la fine delle vecchie ideologie e della letteratura ottocentesca, viste come passatismo da superare. Il futurismo sovietico esaltava la visione frammentaria della realtà, nella lingua scritta usava le parole come mattoncini (cubismo a parole) in una concezione dello spazio che si stava sgretolando. E che ibridandosi con altre avanguardie diventava cubo-futurismo. Inoltre Majakovskij rimproverava a Marinetti la “territorialità” del futurismo italiano. Troppo provinciale, chiuso. Mentre il poeta italiano cercava maggiormente il dialogo. Invece quello sovietico russo era internazionale. Ancora, Marinetti era il leader del movimento futurista italiano, personalizzando l’idea di avanguardia. Mentre Majakovskij era l’espressione della collettività di un numeroso gruppo di intellettuali. Ma il motivo storico del distacco tra i due fu la Prima Guerra Mondiale.
L'artista sovietico Vladimir Majakovskij (Foto: De Vivo)
Marinetti era interventista...E Majakovskij era assolutamente contrario al conflitto mondiale. Come una buona detta degli intellettuali e degli artisti sovietici. Su questo punto si sono allontanati, senza tornare più indietro.
Resta però l’amore del drammaturgo russo per l’Italia.Era un amore filtrato. La sua amante – che recitò con lui nel melò “La signorina e il teppista”, sceneggiatura di Majakovskij tratta da "La maestrina e gli operai" di Edmondo De Amicis – Lilya Brik era innamorata dell’Italia. In particolare, delle località termali: Salsomaggiore, Montecatini. E Majakovskij l’accompagnava nei suoi viaggi.
Ci sono anche dei punti di contatti nella produzione di Marinetti e Majakovskij?Certo, in entrambi per esempio c’è l’uso del cinema come espressione della modernità. Per Majakovskij il cinema era un atleta del pensiero cui dovevano guardare con attenzione il teatro e la letteratura. E c’era anche l’utilizzo dei termini “industriali” (ferro, metallo) nei loro versi.