giovedì 26 aprile 2012

"Solo donna” di Elisabetta Comastri



“Solo donna” di Elisabetta Comastri, seconda posizione della sezione C del Secondo Concorso Oubliette

“Solo donna” di Elisabetta Comastri, seconda posizione della sezione C del Secondo Concorso Oubliette
apr 26, 2012
Solo donna” di Elisabetta Comastri si aggiudica la seconda posizione nella sezione C (poesia inedita) del Secondo Concorso Letterario Nazionale “Oubliette 02” promosso dalla web-magazine OublietteMagazine e dalla Faster Keaton Produzioni.

“Solo donna” è risultata vincente per delle caratteristiche poetiche che ora saranno rese note.
“Solo donna”
Fragile sento
questo tempo che scivola
e che la mano teme
come vetro di una bottiglia vuota.
L’ovatta del cuore
tenta di salvare la caduta
e attendo assetata
i riposi del porto
che sarà con le tue mani.
Latita nel futuro
l’attesa delle tue labbra
protese e promesse
dal mio desiderio indecente
come una vergine profanata
da squallore di quadrivi quotidiani.
Sarà di nuovo rosso di tramonti
che abbracceranno le nostre schiene
e dalla mia bottiglia
tracannerò il tuo liquore
di pelle e di odori.
Né vergine né madre
solo donna
intera di te.

“Solo donna” è una poesia inedita con un totale di ventitré versi, divisa in cinque parti delimitate dall’unico esempio di punteggiatura nel testo: il punto. La mancanza di punteggiatura è una scelta che definisce la volontà dell’autrice di lasciare in sospeso l’interpretazione fonica ed il sentimento sentito. Infatti, si potrebbe seguire due strade ben definite nell’interpretare “Solo donna”: una malinconica ed una briosa.

“Fragile sento/ questo tempo che scivola/ e che la mano teme/ come vetro di una bottiglia vuota.”
L’io, nel presente, si rende conto del tempo che scorre, un fragile scorrere che corrode la mente in continuo riflettere sul trascorso; tempo che scivolando provoca un presagio di dolore come una mano che incontra i cocci di una bottiglia.

“L’ovatta del cuore/ tenta di salvare la caduta/ e attendo assetata/ i riposi del porto/ che sarà con le tue mani.”
Un morbido cuore, un morbido sentimento cerca di salvaguardare il male di ogni giorno e l’Io attende inaridito dall’attesa l’incontro con le mani che sogna, che hanno sempre riscaldato le sue.

“Latita nel futuro/ l’attesa delle tue labbra/ protese e promesse/ dal mio desiderio indecente/ come una vergine profanata/ da squallore di quadrivi quotidiani.”
Il fantasticare è inesauribile e sogna il futuro, l’incontro con le labbra amate che si avvicinano, il sentirsi scandalosi per questi desideri. L’Io simile ad una fanciulla ancora casta che, però, viene oltraggiata da immagini sconvenienti al suo stato d’essere, alla sua tenera età.

“Sarà di nuovo rosso di tramonti/ che abbracceranno le nostre schiene/ e dalla mia bottiglia/ tracannerò il tuo liquore / di pelle e di odori.”
L’immaginazione nel suo procedere utilizza spesso dei ricordi del passato, ricordi dal sapore mieloso, e dunque troviamo un divagare nella speranza di ritrovare il rosso di un tramonto antico che riscalda i corpi dei due innamorati, la loro pelle ed il loro odore.

“Né vergine né madre/ solo donna/ intera di te.”
Ed è l’inno di una donna che si sente profondamente donna. Una fanciulla che perse la sua giovinezza per amore, una madre che continua a vivere la sua femminilità senza contrasti di ruoli. Una donna che ha trovato la sua interezza nell’amore

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