mercoledì 28 marzo 2012

Appia Verde. Quando si muovono gli amici del Fondo…



il Fondo 

magazine di Miro Renzaglia

Appia Verde. Quando si muovono gli amici del Fondo…

Nouvelle cousine, cucina molecolare, pasticci e non di lasagne fatte in casa. Ristoranti alla moda dove si mangia poco e si spende tanto. La carotina alla julienne sopra un letto di ghiaccio tritato. Liquido rosso rubino nei bicchieri di cristallo, tovagliato di finto lino e con altrettanto finto ricamo. Piatti da portata trasparenti come il loro contenuto che, prepotentemente, tentavano di insinuarsi nella nostra mente.  Non ho mai capito questa fredda scenografia.
Scaffali di prodotti sistemati , nei supermercati, come  una bella donna che sotto la chirurgia estetica nasconde il non-gusto. Prodotti di tutte le marche. Montagne di pacchi. Hanno tentato di indurci a pensare che la quantità sia necessaria per aver un posto in prima fila nell’immenso teatro che si chiama Mondo. E ci siamo cascati, tutti. Chi almeno una volta nella vita non si è mai messo in fila, col carrello pieno di roba inutile, alla cassa del supermercato? Una moda, un modus vivendi, ma anche una necessità. La guerra, la fame, il suo ricordo l’abbiamo ancora vivo. Il frigo pieno, la dispensa traboccante, il fine ultimo di questa società fin troppo abituata alla quantità. Come tanti piccoli Mastro Don Gesualdo cresciamo sotto la cappa soffocante del mito della roba. Più hai, più vali!
Quante volte ci siamo soffermati a pensare cosa vi è dietro un pomodoro?
Dietro un pomodoro vi è sempre un uomo che insieme a tanti altri suoi simili semina per poi raccogliere i frutti del proprio lavoro. E se a raccogliere i frutti “economici” del lavoro fossero soltanto le Multinazionali del settore alimentare?  Non è la prima volta che lo sosteniamo e, dati alla mani, il pessimo risultato dello sfruttamento del lavoro è sotto gli occhi di tutti.  Un sistema economico che dietro le false illusioni di un benessere “globale”  tende a piegare la schiena dei lavoratori. Il sistema politico che insieme al sistema economico tesse una maglia fitta d’inganni. L’unica maglia che riconosco è quella del piccolo produttore che non trova aiuti economici per rinnovare la propria terra. Il piccolo produttore che produce qualità.
Segue le fasi della luna per la semina, si sveglia presto al mattino per curare con amore e sacrificio le piantine che, timidamente, fanno “capoc cella” dalla nuda terra. Si sporca le mani, ma mai lo sguardo.
Uno sguardo limpido come acqua di fonte.
Cari lettori, quello che avete appena letto è il pensiero che per tanto tempo  ha invaso la mia mente. Un pensiero fisso: l’uomo e la terra. Così, in una  tiepida mattina di qualche tempo fa, inciampando lunga la Via Sacra – Appia Antica-  ho trovato l’illuminazione. La luce, ma non quella dell’Acea.
Sono caduta, il bianco del pantalone aveva lasciato il posto al colore della terra.  Trovai una mano sporca di fango che mi tirò su. Quella mano che lavorava la terra! In quel tratto di Appia Antica il gusto s’incontrerà con l’arte. I frutti della terra si uniranno alla qualità dell’Arte. Novelli scrittori e patate novelle insieme verso un unico comune obiettivo: lasciar traccia nella mente e nel palato!
All’ombra del Mausoleo di Cecilia Metella il “Quo Vadis” s’incarnerà nella cultura delle colture.  Due mondi che per tanto, troppo tempo, i poteri forti hanno tentato di tener distanti.
Edamus, bibamus, gaudemus!
Piccoli produttori, dell’agroromano e dell’agropontino, sfateranno il falso mito che per fare cultura sia necessaria  la cravatta. Per macinare cultura è anzitutto necessaria la qualità. Proprio come la macina a pietra del grano. Dura, ma unica.
Vini d’eccellenza, prodotti agroalimentari, musica, colore e calore. Questo è il nostro mondo. Siamo pagine di poesia che si distingue per il gusto.  La nostra scrivania è una balla di fieno; la nostra penna è l’aratro; i nostri fascicoli sono i mazzetti di agretti appena colti.
Un luogo reale dove nella notte del Solstizio d’Estate una graziosa pulzella, vestita di rosso incontrerà un giovane biondo e gagliardo di virile baldanza. Sarà amore a prima vista tra la fragola di Carchitti ed il Moscato di Terracina.
Notte Verde, ma mai al verde, dove i componimenti musicali si intrecceranno col sapore della tradizione.
Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità:  si pensa, si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia [Manifesto della cucina Futurista].
Sabrina de Gaetano
.
.
.

Nessun commento:

Posta un commento

noi cani senza lacci ne padroni